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L’istruzione può attendere… mentre tutto riparte

 (di Mariana Minutiello) Cresce il dibattito sul libera al divertimento notturno sin dal 15 giugno (termine slittato a firma dell’ultimo decreto Conte al giorno 16 luglio). Al contrario, le Università restano chiuse senza notizie certe sulla loro effettiva riapertura. Sono gli stessi studenti universitari, tra i quali diversi utenti di Twitter, a chiedersi in queste ore perché mai “le discoteche sì… e le università no”.
Il Comitato Tecnico Scientifico ha dunque riaperto tutto, tranne la scuola di ogni ordine e grado. Anche nei casi in cui l’anno accademico non è ancora finito per via degli esami, gli studenti non sono stati inclusi in questo nuovo piano di ripartenza. Ricercatori e docenti chiedono la didattica “in presenza”, però, sottolineando che quella “a distanza” per altri sei mesi costituirebbe una sconfitta per la Scuola italiana. Gli addetti ai lavori temono che sostenendo la convenenienza “di proseguire l’insegnamento in modalità telematica fino al gennaio 2021″… si possa indurre a pensare  “che l’istruzione italiana conti meno delle vacanze in spiaggia, dell’aperitivo al bar, del giro al centro commerciale. Temiamo che dietro questo atteggiamento ci sia piuttosto una concezione della funzione dell’istruzione superiore da ritenersi inaccettabile”.
Certo, l’Università come il resto della scuola è andata avanti a distanza anche per discussioni di Laurea. Ma la domanda da porsi è un’altra: perché tutto riapre tranne la scuola?
Forse perché tutto il resto crea profitto… tranne l’istruzione? Come se formare i cittadini e il lavoro del futuro non fosse un profitto da perseguire in ogni società. In questo caso c’è una cosa molto più importante dei soldi, il nostro futuro!

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